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GMP - Good Manifacturing Practices

 

Cerchiamo di capire come funzionerà il nuovo laboratorio di terapia cellulare.

L’utilizzo di cellule staminali emopoietiche si è affermato come uno straordinario strumento terapeutico per molte malattie ematologiche e più di recente per tumori solidi e per malattie infiammatorie croniche.
Una nuova area di ricerca clinica si sta sviluppando inoltre, intorno alla possibilità di utilizzare cellule del sistema immunitario (linfociti T e cellule dendritiche) come stimolanti della risposta immunologica del paziente tumorale nei confronti del proprio tumore, cioè come dei veri e propri vaccini cellulari.
La necessità di estese manipolazioni cellulari ha indotto la comunità scientifica a nuovi standard di qualità sia per quello che riguarda le procedure che le strutture. La Comunità Europea recependo tali indicazioni, ha emanato linee guida, a cui molti Paesi Europei (Germania, Francia, Olanda) si sono già adeguate con coerenti norme legislative.
È molto difficile riassumere nei limiti di un articolo divulgativo il senso di questi cambiamenti. Tuttavia ci pare che alcuni concetti fondamentali siano relativamente semplici:
GMP: “good manufacturing practices” ovvero le buone norme per le procedure di produzione di un farmaco. Sono i metodi che si devono usare e le strutture in cui si devono utilizzare, per la produzione, il processamento, la conservazione di un farmaco in modo da assicurarsi che tale farmaco soddisfi i criteri di sicurezza, di identità, di qualità e di purezza.
Il concetto di GMP: il concetto unificante di tutti gli aspetti GMP è il controllo. Il laboratorio ben controllato ha in opera dei sistemi per controllare ciascuna fase del procedimento di preparazione del farmaco e per documentare quel controllo.
Chi necessita delle GMP: i centri medici e le industrie biotecnologiche attivi nelle terapie cellulari e geniche.
Perché le GMP: perché i lunghi procedimenti in laboratorio implicano un rischio di complicazioni o di eventi avversi nel ricevente la terapia. Per manipolazioni minime quali la criopreservazione di cellule staminali ematopoietiche autologhe possono bastare delle norme meno stringenti, dette di GTP (“good tissue practices”).
Strutture GMP: sono in genere piccoli laboratori che lavorano in condizioni estremamente controllate e registrate con la caratteristica di essere adattabili a procedure diversificate; per esempio per un periodo si possono preparare cellule purificate per trapianti e in un diverso periodo si possono pianificare procedure di trasferimento genico. In genere vengono trattati gruppi relativamente piccoli di pazienti per malattie “orfane” dal punto di vista della grande industria. Lo spazio richiesto da una struttura GMP dipende largamente da una preliminare ricognizione dei bisogni clinici che si cercherà di soddisfare in quella struttura; quindi si dovranno preliminarmente discutere i protocolli clinici con i responsabili dei vari progetti. Si ribadisce qui che oggi si prevedono utilizzi di cellule come farmaci per campi tra loro assai diversificati che vanno dalla neurologia alla cardiologia, dalla ortopedia alla emato-oncologia.
Caratteristiche tecniche di una struttura GMP: si vuole assolutamente evitare la possibilità di contaminazioni ad opera di agenti estranei e di cross contaminazione tra popolazioni cellulari diverse. Inoltre bisogna avere in opera sistemi automatizzati per la registrazione di tutto quello che entra minuto per minuto nella struttura in termini di cellule, reagenti, contenitori ecc., per la registrazione in continuo dei dati tecnici di tutte le apparecchiature in essa operanti (cappe a flusso laminare, condizionatori di aria, incubatoi, frigoriferi ecc.), per la registrazione di tutto quello che esce.
Al momento della progettazione della struttura vanno pianificati tutti i diagrammi di flusso del personale, del materiale e delle forniture necessarie attraverso la struttura.
L’accesso deve essere limitato e documentato. Deve essere previsto una magazzino a doppio compartimento così da avere una interfaccia “sporca” col mondo esterno per l’arrivo dei materiali e una interfaccia “pulita” con l’interno della struttura.
Il cuore di una struttura GMP: è l’area del processamento asettico. In ciascuna area si svolgerà solo un procedimento alla volta. Le pareti, i pavimenti e i soffitti devono essere di materiali particolari, l’aria filtrata deve essere regolata secondo gradienti di pressione tra l’interno e l’esterno della struttura e di umidità e temperatura controllate. Le camere devono avere degli accessi controllati costituiti da precamere per il cambio dei camici e idealmente dovrebbero avere uscite separate dalle entrate.
Le procedure: tutto quello che viene eseguito in una camera GMP deve essere fatto secondo procedure scritte e conosciute dagli operatori.
Devono esserci anche piani precisi per i comportamento da tenersi in caso di incidenti, così come devono essere scritte tutte le procedure per la pulizia della stanza e la manutenzione degli apparecchi.
Il mantenimento della struttura GMP: nel corso del tempo si deve procedere a controlli periodici sul mantenimento delle caratteristiche tecniche della struttura; per esempio bisogna controllare la asetticità dei piani e delle superfici delle camere sterili, controllare la qualità dell’aria filtrata, il buon funzionamento degli apparecchi, e tutti questi dati vanno registrati su supporto magnetico.
Il controllo di qualità: è di importanza vitale per la stessa definizione di GMP, che all’interno di queste strutture vi siano laboratori separati dalle camere sterili che certifichino la qualità dei prodotti finali analizzando campioni preparati appositamente.
Nei preparati di cellule staminali ematopoietiche, per esempio, si dovrà certificare non solo la assenza di contaminanti microbiologici, ma anche la bontà stessa della preparazione cellulare in termini di purezza o di vitalità o di numerosità, in base al relativo protocollo. Il prodotto così confezionato lascerà la struttura con una sua certificazione di qualità, firmata dal responsabile della struttura.
La conservazione del prodotto: è tipico di molte preparazioni cellulari che al termine della manipolazione le si debba congelare fino al momento dell’utilizzo clinico. Tutta la conservazione deve avvenire in camere predisposte con congelatori automatizzati e la cui temperatura deve essere monitorata in continuo e registrata in un computer. Il sistema deve essere provvisto di allarmi centralizzati.
Il personale della GMP: è fin troppo ovvio che ciascuna struttura dovrà disporre di personale qualificato, selezionato e istruito alla corretta gestione della struttura e del materiale. Il Responsabile Medico Unico firma con il suo nome il foglio di accompagnamento finale del prodotto manipolato certificandone la qualità. La dimensione del personale e le qualifiche necessarie sono in larga misura dipendenti dalla numerosità dei protocolli clinici che si vuole mettere in opera.
Pertanto riteniamo che, se si crede nella potenzialità di una medicina “cellulare”, bisogna oggi lavorare per creare le premesse strutturali necessarie alla verifica sperimentale-clinica. Centri “GMP” devono essere creati negli ospedali che vogliano affrontare queste problematiche e poi devono essere validati e accreditati da organismi scientifici nazionali o sovranazionali che ne testimonino la qualità.
Pur nel consapevole rispetto dei costi, è nostro comune convincimento che la domanda di salute che inevitabilmente in una società globalizzata e “in rete” si porrà da parte degli utenti, non possa essere evasa se non dalla responsabile sperimentazione. E che la sperimentazione debba essere fatta secondo regole e procedure a garanzia della salute e della qualità della sperimentazione stessa. Riteniamo che solo la ricerca scientifica seria, fatta con le sue norme e validata con i suoi strumenti può, da un lato pesare il ruolo vero delle innovazioni proposte, dall’altro essere la vera norma etica che discrimina. Quella ricerca seria che pubblica i suoi risultati e li discute pubblicamente e che non ha nulla da promettere a nessuno e nulla da vendere se non i propri dubbi e le proprie difficoltà.

Martino Introna
Laboratorio di Immunoematologia Molecolare,
Istituto di Ricerche Farmacologiche “M. Negri” – Milano

Alessandro Rambaldi
Divisione di Ematologia, Ospedali Riuniti di Bergamo

Andrea Biondi
Centro di Ricerca “M. Tettamanti”,
Clinica Pediatrica Università Milano-Bicocca, Monza